I bitcoin consumano tanta energia? Che proviene in gran parte da fonti inquinanti? Un dilemma etico?

Guido D. Assori
6 min readMar 13, 2021

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Sabato mattina. Apro Twitter, scorro il feed, infine raggiungo https://attivissimo.blogspot.com/2021/03/i-bitcoin-consumano-tanta-energia-che.html e seppur alla fine lo faccio sempre più di rado, stamattina decido che ho voglia di scrivere qualcosa.

Attivissimo, come altri, si è accodato alla narrativa secondo cui #bitcoin (qui non compare la B?) consumerebbe troppa energia, e questo dilemma etico struggente l’avrebbe portato ad un sell-off.

Secondo l’articolo, che cita poi le stesse fonti a cui mi accodo io, Bitcoin sarebbe un disastro ambientale.

Vediamo.

Bitcoin e il consumo globale di energia

Attivissimo, descrivendo il modus operandi dei miners Bitcoin, esordisce così:

Ma questa corsa all’oro digitale ha anche un risvolto ecologico che non va trascurato. Ogni creazione di bitcoin e ogni transazione richiede complicatissimi calcoli matematici, che richiedono enormi potenze di calcolo. A loro volta, queste potenze di calcolo richiedono computer altrettanto potenti, che consumano energia. Tanta energia. E molta di questa energia viene prodotta usando fonti altamente inquinanti.

Sorvoliamo sul fatto che no, creare transazioni Bitcoin non richiede più energia di quanta ne richieda sbloccare il bancomat con il proprio PIN, e invece concentriamoci sulla Proof Of Work, elemento che è evidentemente al centro dell’accusa, ovvero la creazione dei blocchi.

Viene detto che:

Secondo una stima del Cambridge Centre for Alternative Finance, pubblicata presso Cbeci.org, nel 2019 la generazione di bitcoin consumava più energia dell’intera Svizzera: 77 terawattora ogni anno (la Svizzera ne ha consumati circa 57). Oggi, nel 2021, questo consumo stimato di energia è salito a 127,7 TWh/anno, ossia più di Norvegia o Argentina, mentre il consumo svizzero è lievemente diminuito (-0,8%).

Su questo pare ci sia consenso e diciamolo con un bel grassetto, sì: Bitcoin oggi consuma ~130 TWh. Interessante, sembra essere davvero un sacco di energia se si pensa che noi in casa quando attacchiamo il boiler e il microonde ci salta il contatore.
Vengono anche presi dei modelli a riferimento, degli interi Stati, sembra pazzesco.

Però scusate, viene da chiedersi, ma quale sarà il consumo globale di energia elettrica? In che misura Bitcoin sta distruggendo il mondo al punto da decidere di starvi alla larga e vendere tutto?

La risposta non è uniforme, trattandosi di stime globali, ma possiamo sbrigativamente ritenere come affidabile il numero di circa 153mila TW\h di energia elettrica consumata globalmente, a meno che non si stia a questionare Wikipedia.

Con un denominatore di 153.000 TWh, otteniamo, partendo dai 130TWh di Bitcoin, un consumo energetico del 0.085% rispetto al consumo globale di energia.

Stiamo quindi parlando di un fenomeno relativamente contenuto rispetto al globale, diremmo quasi “da contestualizzare”.
Ad esempio, si stimano in oltre 100 milioni gli utilizzatori di Bitcoin odierni. Di contro, sempre a mero titolo esemplificativo, la ridente Svizzera ospita poco meno di 9 milioni di persone, e i condizionatori d’aria vanno nella direzione del consumo del 10% dell’energia elettrica globale.

Il 2020 è stato un grande anno per il mining di Bitcoin!

Bitcoin e le rinnovabili, ovvero “Circa i due terzi dell’energia consumata per gestire i Bitcoin proviene da fonti fossili.”

Proseguiamo con l’analisi dell’articolo di Attivissimo:

Inoltre circa i due terzi dell’energia consumata per gestire i bitcoin proviene da fonti fossili, e questo significa che i bitcoin hanno un impatto ambientale significativo. Investire in bitcoin e presentarsi come sostenitori dell’ecologia, come ha fatto per esempio Tesla a febbraio scorso, è un controsenso.

Questo sembrerebbe essere davvero grave, circa due terzi sembra davvero un numero disastroso. Il 33% di Bitcoin sarebbe prodotto da rinnovabili, e il 66% da fossili. Sembra davvero un rapporto svantaggioso!

Analizzando il panorama, sembra che Attivissimo non sia troppo lontano dalla realtà, secondo un report di un gruppo di studio della Cambridge University sul tema:

Viene confermato che circa il 40% dell’hashing della PoW proviene da energie “green”.
Trattandosi di Cina, idroelettrico.
Non sorprende: ci sono luoghi come la Diga delle tre gole che alimenta da sola il 3% del fabbisogno energetico della Cina. Spingono molto sull’idroelettrico, molto più di noi europei.

Sembra, quindi, di nuovo, essere davvero un rapporto svantaggioso!

Anche qui, tentiamo di dare una contestualizzazione, e domandiamoci: qual è il rapporto sul consumo mondiale di energia fra green e fossili?

A questo quesito troviamo risposta su OWID:

In 2019, around 11% of global primary energy came from renewable technologies.

Hey, non sembra più tanto svantaggioso: Bitcoin ha un rapporto 4:10, in un mondo che si muove con un 1:10.
Il report OWID e il report Cambridge, messi insieme, sembrano dire che Bitcoin sia più virtuoso di gran parte del resto dei business mondiali, in ottica green e rinnovabili.

E ne emerge anche che, dato l’89% di energia mondiale consumata da fonti fossili, e dato il 40% del consumo di Bitcoin di energia rinnovabile, l’impatto finale di Bitcoin sul consumo di fonti fossili è dello 0.062% del consumo globale.

Tutta questa energia per 7 transazioni al secondo?

Il terzo attacco sarebbe che Bitcoin muoverebbe 7 transazioni al secondo, e che in estrema sintesi per un sistema del genere anche qualche kilowatt ora sarebbe sprecato (curioso, poi, che Attivissimo se ne ricordi dopo aver accettato donazioni Bitcoin per anni, sul proprio blog, di questo grande problema).

Velocemente: questo numero purtroppo nasce da un profondo fraintendimento del reale disaccoppiamento fra infrastruttura tecnologica denominata “blockchain” e trasferimento di valore nominato in Bitcoin.

E’ frequente, ma questo non lo rende meno sbagliato.

Premessa: “It’s a feature!”, ovvero la dimensione della Blockchain è volutamente scarsa.

Poter scrivere su una blockchain deve essere un lusso, affinché questa resti decentralizzata, così che tutti, in ogni momento e con uno sforzo relativamente basso, possano verificare in autonomia la correttezza delle transazioni sulla rete, e non solo le grandi istituzioni bancarie.

Tuttavia, ormai in ogni istante della giornata, sugli exchanges di criptovalute, sulle piattaforme custodial, per mezzo di tokens pegged, sulle sidechains, su Lighting Network, mediante CFD, vengono intermediati e scambiati dei Bitcoin, o dei contratti che si riconducono al loro valore, con livelli di enforcement di vario grado.

E questo avviene mediante un numero di transazioni che sono assai più di 7 al secondo, credetemi! Pretendere il contrario, sarebbe come pretendere che il nostro caffè mattiniero pagato al bar venisse registrato da tutti i backup di tutti i nodi di tutti i circuiti interbancari dell’Eurozona.

Quindi, quante transazioni, davvero?
In generale è un numero non misurabile, e lo sarà sempre meno, le stime saranno sempre più euristiche, anche grazie a piattaforme privacy preserving.

Possiamo dire, per rendere l’idea generale, che ogni transazione che avviene su un orderbook di qualsiasi piattaforma, che rappresenti Bitcoin, può esistere solo grazie al fatto che, sotto, c’è la Proof Of Work che, alla bisogna, permette il settlement di uno stato preciso di una catena di transazioni dalla lunghezza indefinita (il mio gettone va a te, che lo dai a lui, che lo dai all’altro, che lo spezza in tre e lo da all’altro, che ne colleziona 8). Non pretenderete mica che tutte le monetine che vi scambiate finiscano annotate da qualche parte?

Semplicemente, persone ogni giorno si affidano a intermediari per scambiarsi valore in Bitcoin senza usare una blockchain in modo diretto.
Viene mantenuto il concetto globale di decentralizzazione, incrementa la delocalizzazione con fiducia sull’ultimo miglio (non sempre! LN!) ma l’elemento di connessione resta sempre l’ultimo, solo, vero, inderogabile, libro mastro digitale in cui bisogna registrare i movimenti di compensazione.

Paragonare, quindi, le fantomatiche 7 transazioni (che poi è un numero che era buono nel 2013, oggi sono molte di più anche on-chain) alla capacità del mondo di transare Bitcoin, e legarla alla PoW, è un po’ come pretendere che ci sia, in ogni momento, un quantitativo sufficiente di furgoni portavalori a smuovere tutto l’oro in tutti i caveau del mondo che intendono scambiare oro.

Ovviamente non è così che funziona.

Finiamola qui?

La risposta all’articolo di Attivissimo sì, finisce qui. Sarebbe bello che finissero anche tutte le altre polemiche gratuite sul consumo elettrico di Bitcoin, che è facile debunkare, in ultima istanza, grazie ai numeri.

Ma su questo c’è ancora da lavorare parecchio.

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Guido D. Assori
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Written by Guido D. Assori

Hacker. #FOSS #Bitcoin #shack. Author of spruned https://spruned.readthedocs.org — Dev @Conio

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